PUNTO-DI-DONNA
    
Prima Pagina Blog Spettacolo Cronaca Arte
Cultura Libri Scuola Sport Opinioni
Centro Storico Fiat museo più popolare su Facebook/Centro-Storico-Fiat1

La mia vita da donna nell'Italia del 2013. Tania Sabatino

sabatino-tania NAPOLI - Essere donna nel 2013. Una donna nata e cresciuta in un’epoca contemporanea, che dovrebbe essere di apertura e di opportunità rispetto al passato. Alla prova dei fatti invece è un’epoca in cui si registrano ancora tante chiusure, diritti negati, mancata accettazione, se non si hanno il corpo, la mente, le idee ed i sentimenti giusti. Essere donna in un città come Napoli, che è madre e matrigna insieme. Una città che sa stupirti per cordialità e calore, ma che sa anche lasciarti a terra per le tante cose che non vanno.
Fare i conti con il soffitto di vetro, quello in base al quale se sei donna devi fare il doppio della fatica per arrivare nei posti dirigenziali e poi, appena le condizioni sociali ed economiche peggiorano, rischi di essere la prima a essere mandata a casa.
Perché, senza volere togliere merito alle quote rosa e a un percorso importante fatto fin qui, tra il numero di donne e il numero di uomini che arrivano nei posti decisionali l’asimmetria rimane alta.
Poi ci sono una serie di altre realtà con cui confrontarsi e scontrarsi, realtà che la crisi alimenta ancor di più, come il vento che soffia sul fuoco e lo fa propagare.
Assumere una donna ancora oggi per un’impresa implica costi, e un rischio, più alto che assumere un uomo. Già perché di mezzo c’è la gravidanza e la maternità. Sui libri di quando ero studentessa di sociologia ho letto che però questi costi dovrebbero essere bilanciati dallo Stato dato che le donne hanno una funzione sociale strategica e nevralgica, vale a dire quella di sostenere i costi della riproduzione sociale, di mettere al mondo nuove braccia-lavoro che possano diventare fonti di sviluppo per tutto il contesto d’appartenenza. Ma in una struttura sociale in cui sempre più braccia sono costrette a stare conserte, in un’inattività forzata, dove le aziende sono messe in ginocchio, questo conta davvero?
Giovani donne in difficoltà che qualcuno vuole aiutare affinché possano realizzare i propri obiettivi. Ma poi, gira gira, si scopre che se non hai la faccia giusta, un aspetto che colpisce, le misure e l’età “in”, quell’aiuto non arriva e non era neanche tanto altruistico e disinteressato.
Essere donne e cercare davvero di fare tutto, conciliando i ritmi di lavoro e quelli di gestione della famiglia, con politiche di sostegno che arrancano rispetto a quelle di altri Paesi (e anche qui la crisi economica peggiora un situazione già di per sé complessa).
Essere donna ieri e riuscire a prendersi cura di una famiglia allargata, dove convivevano sotto lo stesso tetto diverse generazioni, e in più lavorare la terra o essere operaia in fabbrica.
Essere donna oggi e gestire la cosiddetta famiglia nucleare, fatta da padre, madre e figli, ma che sempre più spesso diventa polinucleare, perché, complice la crisi economica, ci si ritrova nuovamente a convivere sotto lo stesso tetto (genitori, figli, fratelli, nipoti) condividendo le spese e cercando di arrivare alla fine del mese.
Ma essere ancora una donna divorziata o separata che lotta per ottenere il mantenimento per i propri figli o che, al contrario, accecata dalla rabbia e dall’incomunicabilità, finisce per strumentalizzare i bambini in un gioco delle parti che ormai parla il linguaggio delle ripicche e dei colpi bassi.
Così molti padri separati allungano le fila delle persone che non ce la fanno e che vanno alla Caritas per chiedere un piatto caldo. O, per dormire, trovano rifugio in un garage, che fitta una specie di posto letto per 50 euro al mese.
Essere donna e avere accesso a lavori che prima erano completo appannaggio maschile, magari imbracciare un fucile a tutela della sicurezza collettiva.
Dovere fare i conti con una convivenza non facile e sentirsi ancora dire che lì non è il nostro posto e che si è rubato lavoro agli uomini scendendo in campo con “certe pretese”, che la disoccupazione è anche colpa nostra.
Essere donna e disabile, due condizioni che possono rallentare il percorso, ad esempio nel mondo del lavoro, il famoso handicap, la mano nel cappello delle competizioni ippiche, che ti fa partire svantaggiato.
Esserlo in una città dove ci sono tante barriere architettoniche e poi i lavori in corso che rendono tutto più dissestato e inaccessibile, per non parlare delle buche. Essere donna, in questo contesto e con queste premesse, non è semplice. Anche se siamo nel 2013 e l’Italia è ancora una delle potenze economiche a livello mondiale e tante battaglie di civiltà sono state vinte.
Poi ti capita di dovere andare a prendere la metro e, scendendo le scale lentamente due “guappetti di cartone” si accorgono della tua difficoltà motoria, mirano e ti sparano un piombino al petto. Non contenti tornano indietro e mirano agli occhi e alla tua reazione di rabbia ti ricoprono di insulti. Per fortuna un’intuizione ti fa abbassare la testa al volo e il pezzo di plastica duro esploso dalla pistola giocattolo, che tanto giocattolo alla fine non è dato che può provocare danni anche gravi, ti colpisce alla tempia, producendoti un intenso bruciore. E nel frattempo pensi, con indignazione crescente, a cosa sarebbe successo se lì ci fosse stata una vecchina con la sua sporta della spesa o una mamma con un bimbo piccolo.
E ti sale dentro lo spirito di giustizia violata, per questi piccoli delinquenti, dagli occhi gelidi e la bocca sguaiata, che purtroppo hanno ben poco di bambini e adolescenti, che fondano il loro potere e la loro prepotenza non sulla debolezza, ma sulla maggiore esposizione di alcune persone. E ti chiedi che tipo di genitori abbiano alle spalle e se sia giusto lasciare liberi questi ultimi di riprodursi e di perpetrare, impuniti, veri e propri disastri e violenze educative.
A sostenere te, donna del 2013, restano i tuoi sogni, che hanno le radici in valori che non sai se siano collettivi ma che rimangono tuoi, che, nutriti con i semi della speranza, del coraggio e della tenacia, forse riusciranno a diventare progetti concreti ed ad aprirti un futuro possibile.

di Tania Sabatino

sabatino la donna che amo napoli campania
Data:  13/5/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


RITORNA ALLA HOME PAGE





Prima Pagina Giornale e Contatti Gerenza e Cookie Policy Credits 2009-2025 - CINQUEW.it